FRANCO PERRELLI racconta LA “TRILOGIA DELLA SOLITUDINE” DI STRINDBERG su “Scenari”

UN ROMANZO DI SANTI E BUFFONI. INTERVISTA A FRANCO PERRELLI SULLA “TRILOGIA DELLA SOLITUDINE” DI STRINDBERG

a cura di

Ludovico Cantisani

Secondo lei a cosa si deve il fatto che, pur appartenendo alla fase di piena maturità del suo percorso autoriale, questi tre, ultimi romanzi di Strindberg sono meno noti di altri drammi dello stesso periodo?

È un problema che risale addirittura all’epoca di pubblicazione, soprattutto dei due ultimi romanzi del 1906: la critica non li notò particolarmente. Diversi decenni dopo, in pieno Novecento, sono stati reputati quanto di meglio abbia scritto Strindberg e, in assoluto, fra la prosa più notevole della letteratura nordica. Credo che, ai suoi tempi, da Strindberg ci si aspettasse sempre un approccio polemico alla realtà, alla vita, massime, nei confronti del sesso e delle donne, ma anche in campo religioso. SoloLa festa del coronamento e Il capro espiatorio hanno un tono più morbido, una considerazione particolarmente sensibile dell’esistenza, un bisogno di consolare e autoconsolarsi. Certo, in filigrana, affiorano il pessimismo e lo gnosticismo strindberghiano, ma bilanciati da una sorta di coraggio di vivere, di fluttuante speranza, di attesa di un esito inusitato e di una qualche risposta al dolore umano.

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