Scrive Fabio Zucchella: “A partire dalla fine degli anni ’50 per almeno un trentennio il realismo apocalittico degli Strugackij ha incarnato un vigore creativo sempre più anomalo rispetto a quell’apparente monolite che rispondeva al nome di “fantascienza sovietica“. […] Se nel contesto cosmico la storia umana è soltanto un picnic sul ciglio della strada (cfr. l’omonimo libro usato da Tarkovskij nel 1979 come base per il suo imprescindibile Stalker), La città condannata è un’opera complessa e memorabile che ci racconta il segreto orrore di un’utopia marcia, i tentativi di arginare “l’entropia sociale” destinati invece a creare una burocrazia dell’oppressione violenta.
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