Così Giulia Cori: «Mi piacerebbe che chi leggesse il romanzo si costruisse la sua struttura di congetture e apprendesse, infine, il messaggio di cui i fratelli Strugackij hanno ammantato la prosa. Un messaggio sorprendentemente autentico ed eterno su cosa sia davvero “umanità”.
Vedere e non capire è la stessa cosa che immaginare. Io vivo, vedo e non capisco; io vivo in un mondo che qualcuno ha immaginato, senza prendersi la briga di spiegarmelo, e forse non l’ha spiegato neanche a se stesso… È uno struggersi per riuscire a comprendere (Da La chiocciola sul pendio).»
Intervista alla traduttrice Daniela Liberti:
GC: La chiocciola sul pendio si presenta come un testo di difficile decifrazione; gli stessi Strugackij si stupirono della difficoltà con cui i lettori comprendevano il messaggio ultimo del romanzo, che si presta a varie interpretazioni. Come ha influito questo aspetto sul processo traduttivo?
DL: In effetti, il processo di traduzione ha richiesto più letture dell’originale, proprio per quella sua caratteristica di prestare la scena a più voci e a diversi registri linguistici. Questa polifonia, mentre traducevo, mi ha fatto pensare a una quinta teatrale e mi sono immaginata i vari personaggi da soli o quando interagivano tra loro come se stessero recitando una parte di una grande commedia umana.