Alla ricerca della Pietra Filosofale

Alla ricerca della Pietra Filosofale

Estratti dell’intervista a Colin Wilson, pubblicata nel dicembre 1993. Leigh Blackmore dialoga con l’autore sulla sua prosa e sulle idee che ne sono scaturite.

Intervista originale in inglese su Colin Wilson World

BLACKMORE: uno dei miei libri preferiti tra quelli che ha scritto è La gabbia di vetro, che può essere letto sia come un appassionante thriller sia come viaggio intellettuale nelle idee visionarie di Blake. È corretto dire che la maggior parte dei suoi romanzi sono romanzi di idee?

WILSON: Be’, sì. Durante l’adolescenza sono stato fortemente influenzato da Bernard Shaw, e all’inizio volevo fare il drammaturgo. In ogni caso, ho cominciato a scrivere il mio primo romanzo, Riti notturni, a diciotto anni, perché mi interessavano la criminologia e Jack Lo Squartatore, ma L’Outsider balzò fuori da Riti Notturni. Stavo parlando con un amico dei personaggi di Riti Notturni, tratteggiandoli. Uno di essi è il tipico outsider intellettuale, con una ferrea disciplina dell’intelletto, ma carente nell’aspetto emotivo o fisico; un altro è il tipico outsider emotivo, disciplinato nelle emozioni, ma carente dal punto di vista intellettuale o fisico, e il terzo, ispirato al ballerino Nijinsky, è il tipico outsider fisico, con una disciplina per il corpo, ma carente dal punto di vista emotivo e intellettivo. Mentre sviluppavo quest’idea, improvvisamente mi sono accorto che c’erano le basi per un libro. Quindi quel Natale in cui Angus Wilson ha preso in prestito la prima parte di Riti notturni (era il sovrintendente della sala di lettura del British Museum), non avendo altro da fare, cominciai L’Outsider, che in pratica è basato su quest’idea venuta fuori da Riti notturni. In un certo senso tutti i miei romanzi presentano un parallelo con un testo di saggistica (…).

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BLACKMORE: Vorrei partire da una sua citazione. Howard Doss cita una lettera che scrisse a sua madre all’inizio della sua carriera, nella quale disse “il mio scopo nella vita è diventare lo scrittore più importante d’Europa”. In che misura sente di aver raggiunto questo obiettivo in questa fase della sua carriera?

WILSON: Credo di essere diventato lo scrittore più importante del mondo, dal mio punto di vista. (Risata).

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BLACKMORE: Torniamo alla questione degli stati mistici della coscienza. Forse è troppo chiederle di riassumere la materia di ottanta libri in poche frasi, ma tutto il suo lavoro sembra intimamente connesso a una premessa, che l’uomo può liberarsi e andare al di là della sua coscienza quotidiana. Come spiegherebbe l’impulso principale della sua opera a qualcuno che non la conosce bene? (…)

WILSON: (…) Sono arrivato al concetto del “terzo grado di controllo”, che mi sembra molto importante. Molte persone, quando si svegliano, danno per scontato che il loro corpo sia programmato per affrontare la giornata, e non si rendono conto di avere un certo grado di controllo sul proprio corpo. Tendono a essere completamente passivi. Quando sei felice ed eccitato passi a quello che si può definire il “secondo livello di controllo”, nel quale all’improvviso sei consapevole che stai controllando il tuo corpo; questo succede quando sei felice, quando sei un bambino ed è Natale, questo genere di cose – quando un pilota automobilistico sta guidando – ma qualche volta in momenti di estasi estrema – estasi sessuale, per esempio, o mistica –, si prova un’improvvisa sensazione di, come dire, soverchiante libertà, come Graham Greene quando si è puntato la pistola alla tempia. Questo è ciò che io chiamo “terzo livello di controllo”. Improvvisamente non hai più dubbi di essere al comando. Ciò che non comprendi, ovviamente, è che lo sei tutto il tempo – devi arrivare a questo terzo livello di controllo perché improvvisamente questa verità ti sia chiara.

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BLACKMORE: Un concetto di cui ha scritto è il “robot” – le funzioni più basse che automaticamente ci guidano in certi comportamenti. È solo quando ci liberiamo da quella coscienza controllata dal robot che diventiamo davvero liberi. Questo si collega ai livelli di controllo?

WILSON: Oh, assolutamente sì. Il suo ragionamento è molto acuto, perché ovviamente è da lì che viene la libertà. In Religion and the Rebel, il mio secondo libro, all’inizio ho parlato di quello che chiamo “pilota automatico” che prende il sopravvento su di noi. Questo è ciò che più avanti ho chiamato “robot”, è la stessa cosa. Ed è anche quello che Gurdjieff intendeva con “la macchina”. Quando Gurdjieff dice “comprendi la macchina”, intende “comprendi il tuo robot”, essendo il robot quella parte di noi che fa le cose in nostra vece, e deve essere interamente buono. Guida la tua macchina per te, parla francese per te, fa ogni genere di cose. Sfortunatamente, fa anche cose che non vuoi che faccia, per esempio vai a fare una camminata che, la prima volta, ti colpisce davvero molto. La seconda e la terza volta è il robot che cammina al posto tuo; ascolti una sinfonia che ti commuove, la terza o quarta volta è il robot che ascolta e interferisce. Quindi questo livello automatico, che tende a venir fuori in particolare quando sei stanco, è tremendamente importante, è ovvio, perché negli esseri umani il robot è così efficiente che non siamo consapevoli del nostro grado di libertà. Ci abituiamo completamente – voglio dire, immaginiamo una persona ricca che è nata ricca, e ha centinaia di servitori, e potrebbe abbastanza facilmente, se fosse una persona mite, abituarsi all’idea che in effetti i suoi servitori siano sorveglianti che gli dicono cosa fare, finché ha la sensazione di non avere alcun tipo di libertà. Ha fatto ciò che gli hanno detto il maggiordomo, la cameriera e il segretario. Siamo più o meno allo stesso punto con il robot, ed è solo in questi momenti improvvisi di libertà che realizzi che sei tu al comando, e non il robot, e il robot è un servo, non un padrone. È molto legato all’idea del terzo livello di controllo.

BLACKMORE: Partendo dal presupposto che questi “improvvisi momenti di realizzazione” siano spesso casuali e imprevedibili, possiamo allenarci a estendere o mantenere questi stati? di consapevolezza superiore? Cosa ne pensa delle tecniche per espandere la coscienza, per raggiungere quel livello di libertà? So che ha parlato, per esempio, dell’atto di “contrazione mentale” e della nozione di “intenzionalità”.

WILSON: Certo, ma vede, c’è solo una tecnica per spegnere il robot. Se stesse seduto in una classe a scuola, guardando fisso fuori dalla finestra, e il maestro improvvisamente le gridasse, “Sveglia, Leigh”, ciò che sta dicendo sarebbe “Fai attenzione!”. Ora, “fai attenzione” è in effetti ciò che spegne il robot e fa venir fuori il suo vero io. Quindi la verità sta nella frase “attenzione”.

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BLACKMORE: (…) Come pensa che potremmo diventare simili agli dei, come possiamo raggiungere quello che cercavano i suoi outsider, ma da cui si sono allontanati a causa del loro approccio negativo?

WILSON: No, qui lei non sta centrando il punto. Il punto è che noi, in tutti i momenti di intensità ed estasi, siamo ben più forti di quanto siamo coscienti di essere. Per esempio, D.H. Lawrence parla dell’orgasmo sessuale, “l’asta che connette l’uomo alle stelle”. Abbiamo ogni sorta di potere inutilizzato che usiamo raramente. Non è questione di “come riesci a disciplinare te stesso in stati di estasi?”. La vera domanda è “come puoi entrare improvvisamente in contatto con i poteri inutilizzati?”. È non è così difficile, dal momento che sono davvero lì.

BLACKMORE: Ha detto, ad esempio, che “annaspiamo quando un singolo movimento potrebbe aprire la finestra”. Ma crede che sia davvero così semplice?

WILSON: Quello che sto cercando di esprimere quando lo dico è che si tratta di una specie di stupidità che ci impedisce di farlo a piacimento. È anche la nostra scarsa stima di noi stessi e di chi siamo. Volevo scrivere un libro dal titolo The Self-image, che tratta proprio di questo fatto che molte persone non sanno chi sono, perché abbiamo bisogno di uno “specchio” per guardarci dentro i nostri volti. Un giurista tedesco ha detto “anche un uomo che non crede in nulla ha bisogno che una ragazza creda in lui”. In altre parole, ha bisogno di una foto, uno specchio, che mostri il suo volto.

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LACKMORE: Voglio restare sull’idea della volontà. Lei ha scritto di Aleister Crowley in numerosi libri, tra cui Men of Mystery e The Nature of the Beast. Mi sembra che un elemento importante della sua magia consista nel focalizzare la volontà con un’intensità simile a quella del laser. Ad esempio, le sue massime come “fai ciò che vuoi”, “l’amore è la legge”, “l’amante sotto la volontà” e quel genere di cose, non sembrano molto lontane dalle sue posizioni. D’altra parte, l’ha definito ciarlatano. Cosa ne pensa di Crowley?

WILSON: Crowley è andato dritto al punto della questione quando ha detto che “ogni uomo e ogni donna è una stella”. E ovviamente era consapevole dei nostri poteri inutilizzati. Ma il problema principale con Crowley era il suo essere un bastardo malvagio. È l’unica persona su cui abbia mai scritto un libro che non avrei voluto conoscere. Voglio dire, per cominciare, ha sfruttato senza pietà i suoi amici. Come sapete, con un’amica è semplicemente andato al negozio di liquori più vicino e ha detto “metta pure sul suo conto”. È tornata lì circa due mesi dopo che se n’era andato e ha scoperto che doveva pagare un conto per mille sterline in bottiglie di gin, whisky e brandy.

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BLACKMORE: Volevo chiederle della mente bicamerale, il concetto del cervello sinistro e del cervello destro. La società sembra divergere dall’approccio dominato dal cervello destro in molti modi. La società occidentale è molto orientata al cervello sinistro, al pensiero tecnico e scientifico, no? Presumibilmente, gran parte della sua motivazione nello scrivere è quella di aprire menti che sono “addormentate” o di dimostrare che c’è qualcosa al di là del senso di “contingenza” che molti di noi provano nella vita quotidiana.

WILSON: Oh, sì.

BLACKMORE: Detto questo, chi si aspetta che sia il suo pubblico, o per meglio dire, sta davvero scrivendo per le persone che sono guidate dal cervello destro?

WILSON: Ovviamente in un certo senso sono uno scrittore intellettuale, il che significa che sono uno scrittore del cervello sinistro. Allo stesso tempo, a differenza della maggior parte degli intellettuali, faccio del mio meglio per scrivere con parole di una sillaba. Il mio obiettivo è semplicemente quello di comunicare idee, mentre la maggior parte degli intellettuali francesi, per esempio – Sartre, Derrida e tutti gli altri –, il loro obiettivo sembra essere quello di impressionare le persone con la loro impenetrabilità! (Ride)

(…)

 

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