JENNIFER PASHLEY, DESTINI LIMINALI IN UN PERCORSO NOIR
di Guido Caldiron
«La scrittrice, vincitrice del premio per la fiction Lgbt della rivista Carve e del Red Hen Prize per la Women’s Prose, racconta di vite che sembrano abbandonate a se stesse, di “poveri” che tirano avanti ai margini delle comunità in cui vivono, di una ricerca dell’amore e di una qualche forma di protezione che spesso comporta per i protagonisti l’esporsi a rischi terribili. Con una lingua che restituisce tutta la contraddittorietà dei sentimenti, un approccio all’inchiesta criminale che muove da una profonda empatia nei confronti dei personaggi e uno sguardo puntato sui piccoli mondi della provincia, saturi di conflitti spesso inimmaginabili, Jennifer Pashley si conferma ancora una volta come una attenta e coinvolta analista di quanto si muove nelle viscere della società americana. Là dove sopravvivere può apparire talvolta come un lusso che si fatica a potersi permettere.»
D. Il noir si muove spesso all’interno di un immaginario etero e ispirato alla classe media. Cosa significa fare propri i meccanismi narrativi del genere con un approccio queer e che guarda agli ultimi?
R. Sono sempre stata attratta dai dispositivi del noir e dell’aspetto oscuro della suspense, ma in effetti quelle storie sono spesso ambientate tra la middle class, se non proprio tra i ricchi, e con personaggi eterosessuali. Quindi ho cercato di prendere gli elementi della suspense – un’alta posta in gioco, il tradimento, l’omicidio – e collocarli in un ambiente che mi era più familiare. Diciamo che ho lavorato per me stessa. Cercavo di scrivere qualcosa che mi rappresentasse, ma al tempo stesso di offrire la medesima rappresentazione a tutti quei lettori che spesso sono assenti dalle storie che leggono.
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il manifesto, 31 luglio 2021