Scrive l’anglista Gioia Angeletti: “Non stupisce l’apprezzamento espresso su quest’opera prima di Fagan dal connazionale Irvine Welsh, celebre autore di Trainspotting: per entrambi, rappresentare le zone più ombrose, le esperienze più conturbanti dell’individuo significa stracciare ogni velo che edulcori la reazione del lettore e adottare un linguaggio in grado di tradurre la violenza, la disperazione, pur senza permettere a quest’ultima di lacerare ogni speranza di redenzione. […] Panopticon è un romanzo umanitario, che ci invita a smascherare le ingiustizie, ad agire senza indugio, a capire che la salvezza non ha solo un valore trascendente, ma si cela nell’immanenza: attraverso Anais, Fagan mostra come spesso basti ascoltare l’altro per trovarla.”