HENRY WISE. STUCK INSIDE OF VIRGINIA WITH THE RICHMOND BLUES AGAIN…
a cura di
Fabio Cerbone
«Attraverso una lingua diretta e una serie di capitoli brevi che intrecciano le vicendevoli colpe, i sotterfugi, le verità nascoste che ognuno dei protagonisti, Will Seems per primo, nasconde a se stesso e agli altri, Henry Wise sembra inseguire un tracciato simile ad altri interessanti e giovani autori della letteratura americana […] restituendo con realismo ma anche, sotto traccia, con un’atmosfera introspettiva, quello che ancora oggi divide bianco e nero, sopra e sotto, metropoli e provincia all’interno della società americana del Sud.»
A proposito di sud degli States: nel corso degli ultimi anni al centro del dibattitto americano sono emersi argomenti come il razzismo della polizia, i vecchi simboli della Confederazione, una messa in discussione generale dei ruoli fra popolazione bianca e nera. Anche Holy City è attraversato da queste ombre, come evidenziano gli stessi personaggi di Will e Sam. Molte persone hanno manifestato difficoltà ad affrontare queste discussioni, anche nella scelta del linguaggio. Come ti poni di fronte a tutto ciò come scrittore? Senti in qualche modo delle pressioni?
«Cerco di non prestare troppa attenzione alle aspettative esterne nei confronti della mia scrittura. Credo sia importante farsi da parte rispetto alle discussioni del presente – non necessariamente ignorarle, ma prendere una certa distanza da queste ultime – quando stai creando qualcosa di artistico. L’arte deve arrivare da un luogo più profondo, un regno di intimità che sia abbastanza tranquillo e sicuro da resistere a capricci e tendenze del momento, uno spazio privato che nessuno può toccare mentre lo stai realizzando. In fin dei conti, non sono nemmeno sicuro che un artista abbia molta scelta su cosa lui o lei finirà per realizzare.»
Recensione e intervista da leggere cliccando qui, ascoltandoThe Band – The Night They Drove Old Dixie Down – qui
RootsHighway, “BooksHighway”, 15.01.2025