Così Mario Bonanno: «narrato in straordinaria soggettiva, il romanzo si dispiega dunque in equilibro tra piano reale e piano onirico-allucinatorio e proprio in questo reiterato uscire-entrare senza fratture dagli ambiti percettivi di Anais Hendricks risiedono la grazia e il punto di forza insieme di Panopticon. La scrittura di Jenni Fagan ha del miracoloso – tanto è diretta, feroce, cupa, sensibile, scattante –, in grado di restituire dal “dentro” il microcosmo borderline della giovane protagonista, fino all’apoteosi oggettiva del prefinale anarco-dionisiaco-liberatorio».