Nel salutare Boris Strugatsky, il famoso scrittore russo Alexander Genis parla del contributo dei fratelli Strugatsky alla letteratura russa moderna.
Traduzione dall’inglese dell’articolo pubblicato su Russia Beyond (clicca qui per l’originale)
I fratelli Stugackij sono stati praticamente il mio abbecedario. Ovvero, li leggo da quando mi ricordo. E non c’è niente di strano in questo. Tutti gli scrittori che amo e che leggo oggi sono cresciuti con gli Strugackij: Viktor Pelevin, Vladimir Sorokin, perfino Tatjana.
Gli Strugackij sono stati, senza dubbio, i migliori scrittori di fantascienza della letteratura russa; ma anche questa sommaria definizione non rende loro giustizia. Gli Strugackij hanno travalicato del loro genere e del loro tempo. Per questo hanno trovato così facile attraversare il confine che separava il vecchio regime dal nuovo – un’impresa riuscita a pochi altri scrittori vissuti in epoca sovietica.
Inoltre, gli Strugackij hanno conservato la continuità tra passato e futuro; hanno collegato, per quanto possibile, il “filo del tempo”.
Posso anche dire per certo che gli Strugackij hanno avuto un’influenza maggiore sui loro compatrioti sovietici rispetto non solo a Marx ed Engels, ma anche Solženicyn e Brodskij. Sono stati loro, non Brežnev, a creare l’uomo sovietico così com’era, così come attraversava lo spostamento tettonico dei paesi e delle epoche.
La potenza del loro impulso non può essere sovrastimata, perché loro soli (se si può dire così di due fratelli) hanno rivendicato il mito fondamentale dell’intero regime sovietico. Gli Strugackij hanno dato un senso all’utopia marxista. Come l’ultimo flash di una lampadina bruciata, la loro fantascienza ha incarnato la tesi semidimenticata del “lavoro felice”.
Gli Strugackij hanno guardato alle sue radici, che erano cresciute dal futuro. Il loro simbolo di fede era il lavoro – un subbotnik (tradizione sovietica dei giorni di servizio alla comunità) altruista e disinteressato che trasformava i giorni lavorativi in paradiso, il filisteo in un comunista e il mezzo animale in un mezzo dio.
Questo lavoro ha ricreato il mondo di sfuggita, mentre si occupava di altre cose. Il suo vero oggetto non era la materia, ma la coscienza. Sottoponendosi a una trasformazione alla luce del Tabor del comunismo, l’eroe degli Strugackij si è evoluto da un libro all’altro, acquisendo capacità soprannaturali e perdendo tratti umani.
Questo processo è andato avanti fino a quando alla fine ha perso completamente il contatto con l’Homo sapiens ed è diventato un “umanoide” – una nuova creatura che spaventava anche gli autori. Questo eroe non aveva nulla in comune con noi e nemmeno con gli abitanti del radioso futuro. Qualsiasi utopia, se guardata troppo da vicino, diventa il suo opposto.
Questo è il soggetto del loro miglior libro, La chiocciola sul pendio, scritto durante gli ultimi giorni del Disgelo. Solo il tipo di pregiudizio letterario che relega la fantascienza in un ghetto da adolescenti impedisce a quest’opera di essere annoverata tra i capolavori della letteratura russa.
Distorto dalla censura, questo libro è felicemente sopravvissuto alla svolta epocale; è scivolato fuori dal tempo e si trova su uno scaffale non solo con Swift e Saltykov-Ščedrin, ma anche con Borges. Espandendo i limiti del genere alla satira filosofica, La chiocciola divenne l’incarnazione profonda e chiara del conflitto più insolubile: il conflitto tra l’oggi e il domani.
“Il futuro” hanno osservato gli Strugackij circa 25 anni dopo, “non è mai né buono né cattivo. Non è mai quello che ci aspettavamo”.
Oggi, però, non si tratta tanto di aspettarci il futuro, ma di “ricordare” come era nei loro primi libri. In quei libri, gli Strugackij, liberando la fantascienza dalla sua tendenza tecnologica, hanno creato un mondo in cui loro – e noi – volevano vivere.
Gli Strugackij lo chiamavano “Il mezzogiorno di fuoco dell’umanità”. La gente di Mezzogiorno di fuoco era come un gruppo di studenti. Erano intelligenti, sani, felici e impegnati in cose complesse, astruse, interessanti. L’amicizia tra i popoli regnava in questo mondo dove ognuno trovava un posto sotto il sole splendente.
Qui c’era un posto per i trionfi, gli amori infelici e solo piccole assurdità. Questi menestrelli del futuro vagano per la Terra e i suoi dintorni lontani alla ricerca di rischi, aperti alle avventure cavalleresche e, soprattutto, al lavoro coinvolgente. In Fuga nel futuro c’è questo dialogo:
“Ma non si può lavorare sempre…”.
“Non puoi” disse Vadim con rammarico. “Io, per esempio, non posso. Alla fine si arriva a un’impasse e non si ha altra scelta che divertirsi”.
Poco dopo, gli Strugackij hanno espresso questa idea in un succinto aforisma che è diventato il titolo della loro storia più popolare: Lunedì inizia sabato. In sostanza, questo era l’Harry Potter sovietico. In Lunedì i fratelli si sono dedicati non solo a una razionalizzazione, ma anche a una burocratizzazione della magia, rendendola nativa, accessibile e degna di invidia.
Tutti i lettori degli Strugackij sognavano di lavorare al NIIChAVO (Istituto per la Ricerca Scientifica di Magia e Stregoneria), così come tutti i fan di J.K. Rowling sognano di andare a scuola a Hogwarts.
Nel dire addio a Boris Strugackij, ricordo con affetto e tenerezza quei primi, ottimistici libri. Erano un vero e proprio inno al lavoro gratuito, a persone riunite liberamente e che iniziano il lunedì di sabato.