D. A definire Solo, io continuo a essere in difficoltà. Romanzo, memoir, diario, saggio, poesia… è un libro che accoglie e integra tutti questi generi ma che, alla fine, non appartiene a nessuno di essi. Ci sono anche diverse autocitazioni, tanto che – scherzando – si potrebbe dire che in qualche modo rappresenti una sorta di curriculum dell’autore. Ma qual era il vero scopo di questo scritto? Leggendolo, si ha la netta impressione di venire messi a parte di un messaggio sicuramente importante che però l’autore esita a rendere esplicito…
R. L’impressione promiscua di Solo, come ho detto prima, è l’inevitabile esito di uno scrittore promiscuo. Quanto al messaggio, direi che l’autore intende comunicare che sotto la quotidianità urge una metafisica misteriosa ovvero che la vita di tutti i giorni ha echi e vibrazioni che ci riportano alla chiamata di altre forze o Potenze con le quali, oscuramente, ha a che fare ogni destino umano. Da qui il bilanciamento appunto di quotidiano e di mistero; di esplicito e occulto o – come Strindberg diceva della sua pittura – la compresenza di esoterico ed essoterico in ogni esperienza della vita. In sintesi: la vita è in luce, ma proprio per questo ha le sue ombre. Ecco una lezione di Strindberg.
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