[Marie Grubbe è] la storia di una caduta sociale, o piuttosto di una ricerca che mette l’individuo al centro, unico e irripetibile, quindi col dovere verso se stesso di andare al fondo del proprio essere. A Jacobsen non credo importasse molto la scandalosa, per l’epoca, vicenda di una donna, quanto il senso che alla vita si sa o non si sa dare”.