«La sua [di Critchley, ndr] è un’esplorazione empirica, induttiva, narrativa ed equivale a una fenomenologia dei vissuti di tristezza e di vuoto, che accompagnano la decisione estrema, e all’esplorazione di quelle percezioni di incanto, gioia, trasalimento, che ci invitano invece a prendere tempo, guadagnare indifferenza rispetto al dolore, contestare la presunzione di conoscere il senso ultimo delle cose, accedere a quel pessimismo della forza (Nietzsche), che oppone allo scandalo del male le risorse dell’estetica, la dignità dell’immaginazione, la considerazione della vita come opera aperta, inconclusa, ferita e assieme nobilmente (anche se malinconicamente) nostra.»
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Medicina e Morale 2022/2