Colin Wilson

02/05/2019

LA GABBIA DI VETRO di Colin Wilson recensito su “Mangialibri”

Quando il vintage diventa tocco di classeCosì David Frati: "In questo La gabbia di vetro, uscito nel lontano 1966, l’autore tratteggia alcuni di quelli che diventeranno nei decenni seguenti dei cliché del genere: la sessualità deviata, il legame tra letteratura/arte e omicidi, la caccia al serial killer lungo strade che esulano dalle normali indagini di polizia. Molto del fascino della lettura del romanzo – operazione indubbiamente charmant e per certi versi sorprendente – sta nella persistente sensazione di anacronismo: siamo nella swinging London degli anni Sessanta, elettrizzata da nuove mode e costumi rilassati, le persone comunicano per lettera o al telefono fisso, le ragazze portano spesso la minigonna e altrettanto spesso la tolgono, per i locali gay è boom. [...]
15/05/2019

BOOKTRAILER: “La gabbia di vetro” di Colin Wilson

Un serial killer semina il panico a Londra. Dopo aver squartato le sue vittime, lascia delle misteriose scritte sui muri lungo il Tamigi: versi del poeta William Blake. Qual è il motivo di una tale inaudita ferocia? E quale significato recondito nascondono quei versi? Non resta che chiedere aiuto al più grande esperto inglese di Blake: Damon Reade, un giovane studioso che vive isolato nelle campagne del Lake District. Tutti gli indizi portano a un certo Gaylord Sundheim, ma quando si trova a tu per tu con il presunto assassino, le sue certezze crollano: un così profondo estimatore di Blake sarebbe davvero capace di compiere quei misfatti? Sullo sfondo della ‘swinging London’ degli anni ’60, un intrigante, raffinato, divertentissimo thriller intellettuale che sviscera con giocosa leggerezza e insaziabile curiosità temi come l’oppressione, la perversione, il superamento dei confini della conoscenza e i risvolti più inquietanti della passione.
16/05/2019

LA GABBIA DI VETRO di Colin Wilson su “Milano Nera”

Così Mirko Giacchetti: “Forse l’assassino ha trovato il modo di frantumare le pareti di vetro della propria prigione? Non si tratta del solito romanzo. Non si scivola solo sulla superficie di una trama ambientata negli anni ’60, ricostruita con una precisione e un respiro degno di una testimonianza diretta, ma ci si ritrova a galleggiare su profondità che fanno naufragare qualsiasi certezza.”