"Il mistero dell'orto di Rocksburg" di K.C. Constantine recensito da LANKENAUTA. Navigando in rete forse è ancora possibile leggere una breve presentazione di K.C. Constantine, contenuta in un portale dedicato alle copertine del “giallo”: “Se pensate che Elmore Leonard sia un maestro del dialogo (ed è vero), vuol dire che non conoscete K.C. Constantine. Nessuno lo conosce davvero, tra l’altro, perché nessuno l’ha mai visto in faccia e nessuno sa quale sia il suo vero nome. La versione più diffusa è che “K.C. Constantine” sia lo pseudonimo di Carl Constantine Kosak, nato (forse) nel 1934 da madre italiana e padre serbo proprio come il suo personaggio Mario Balzic, capo della polizia nella fittizia città mineraria di Rocksburg, Pennsylvania, e protagonista di gran parte dei diciassette romanzi a firma Constantine. […] Neanche uno di questi libri è mai stato tradotto in italiano, anche per la sovrumana difficoltà di riprodurre adeguatamente l’incredibile stile dell’autore. Ma noi non disperiamo. Anzi, siamo pronti”. Infatti non c’era proprio motivo per disperare. A risolvere il problema c’ha pensato la Carbonio editore che, per la prima volta in Italia, ha pubblicato, con traduzione di Nicola Manuppelli, “Il mistero dell’orto di Rocksburg” (The Man Who liked Slow Tomatoes, 1982), una delle inchieste di Balzic, preludio di altre pubblicazioni con protagonista il detective di origini italo-serbe: “sono mezzo zingaro e mezzo latino” (pp.218). Un personaggio che sfugge in parte ai canoni più consueti del noir, e non tanto per il carattere burbero ma di buon cuore, che non disdegna i metodi poco ortodossi pur di ristabilire la giustizia”. Balzic, poco avvezzo all’uso delle armi, propenso semmai ad alzare il gomito, è infatti il capo della polizia di Rocksburg, cittadina della Pennsylvania, non certo una metropoli tentacolare.