Vieri Peroncini tesse una lode appassionata del libro di Jenni Fagan: «Appoggiandosi anche su una straordinaria varietà lessicale ed una rara densità di episodi/tematiche/valutazioni (il giudizio morale dell’autrice è evidente nella personificazione di Anais), si dipana una trama di rara drammaticità che riesce in qualche modo a sfuggire alla cupezza; ma non alla malinconia, sia ben chiaro, una malinconia struggente: vedere gli episodi del matrimonio e del funerale. [...] Ma se la contingenza di temi come l’accettazione della diversità, la libertà di espressione, la transessualità rende Panopticon perfettamente contestualizzato nella nostra realtà, è il giudizio morale sulle istanze oppressive della società e dell’uomo in generale a renderlo atemporale e splendidamente etico, a livello di un paradosso dell’intolleranza di popperiana memoria.»